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Dubbi sui dati pubblicati dai media di regime. Emily Osler conferma la manipolazione!

Emily Oster | Watson Institute

Rilanciamo un articolo pubblicato addirittura su Milano Finanza relativo ad una tesi di Emily Oster, docente universitario che in un editoriale sul Washington Post spiega la manipolazione delle notizie sul covid da parte dei media di regime. Estrapolano i dati, li decontestualizzano per avere notizie ad effetto e portare la gente dove vogliono loro: al terrore, alla paura ecc… 

I media rischiano di ingannare il pubblico sul coronavirus?

I media rischiano di ingannare il pubblico sul coronavirus?

E’ la tesi di una docente della Brown university: enfatizzare singoli dati privi del contesto generale rischia di dare una rappresentazione deformata della realtà al grande pubblico. In Italia, per esempio, il rapporto ospedalizzati/contagiati non si muove da un mese, nonostante l’aumento dei contagi

È ormai evidente l’inversione di tendenza dei Tap (Totale attualmente positivi) sia in Italia che in Lombardia. Ma quanti degli attualmente positivi finiscono in ospedale? Un investment banker abituato a masticare dati ha ripreso in un grafico i dati indicati nelle tabelle ufficiali comprendenti la somma di ricoverati e sottoposti a terapia intensiva e li ha rapportati ai contagiati.

Il dato (vedere immagine) che emerge è che il 16 aprile il 37,44% dei Positivi era ricoverato, oggi è il 2,88% e il dato è stato sostanzialmente stabile in tutto il mese di agosto. Un dato che dovrebbe tranquillizzare, ma che non viene reso noto a sufficienza.

Questo della disponibilità e lettura dei dati da parte dei media è un tema fondamentale alla viglia della ripresa delle attività e alla riapertura  delle scuole.

In un editoriale sulla Washington Post, Emily Oster, professore alla Brown University, ha gettato il sasso nello stagno: i media stanno facendo il loro dovere nel riportare i casi di coronavirus?

La docente parte dalla nota preferenza dei lettori e degli spettatori per le notizie inattese, per cui un nuotatore ucciso da uno squalo desta molta attenzione malgrado fenomeni del genere siano pressoché irrisori nel corso di un anno. “Quando si parla di covid-19, tuttavia, questa preferenza e la tendenza dei media ad assecondarla, rappresentano un vero pericolo. Deforma il nostro modo di pensare alla pandemia e può condurci verso decisioni irrazionali che possono causare danni duraturi”.

Secondo la Osler, i report sul Covid-19 tendono a seguire l’esempio dell’attacco degli squali. Conosciamo bene ciò che il virus ha prodotto: ospedali sopraffatti, celebrità e leader mondiali ammalati o quasi morti, il tutto sotto gli occhi del pubblico. Queste sorprese sono ciò su cui si concentrano i media. La sfida con il nuovo coronavirus, tuttavia, è proprio questa, sostiene la docente americana: è completamente nuovo e tutti i modi in cui si comporta e non si comporta sono nuovi. In questo senso, una casa di cura che presenta zero contagiati dovrebbe essere degna di nota quanto una casa di cura con diverse infezioni.

Secondo la Osler, a causa della schiacciante parzialità di ciò che viene riportato sul Covid-19, al pubblico manca il contesto essenziale per prendere decisioni ragionate e ben informate. E cita qualche esempio.

I ricercatori hanno scoperto  che le goccioline contenenti il virus possono, in teoria, viaggiare a lungo nell’aria. Questa scoperta è stata ampiamente riportata. È stato però trascurato il fatto che, anche se le goccioline possono viaggiare nell’aria, non ci sono  prove che lo facciano di solito. Così, a lungo i sentieri e le altre strutture all’aperto sono stati chiusi, nonostante non ci siano casi documentati di covid-19 causati da escursioni a piedi.

Poi c’è il dibattito che circonda le scuole, anche in Italia. In Usa i distretti in molte zone sono ancora alle prese con la questione se riaprire o quando e come, con un’ampia copertura mediatica. Quasi tutto si concentra riportando esempi di alunni subito contagiati da Covid-19.

Ma l’incertezza che circonda il coronavirus significa che la stessa attenzione dovrebbe essere data alle scuole dove non sono stati finora registrati casi. La Osler scrive: “Twitter è pieno di gente che dice: La scuola di mio figlio ha aperto senza casi questa settimana! ” I dati che ho raccolto mostrano che ci sono molti campi e strutture per la cura dei bambini, anche di grandi dimensioni, che operano senza contagi confermati. Solo che non compaiono nei titoli dei giornali”

I genitori e i responsabili politici, influenzati da questo tipo di rappresentazione distorta, potrebbero concludere che qualsiasi tipo di istruzione impartita di persona sia ora pericolosa. Ma manca loro un pezzo chiave del puzzle.

La Osler cita che il fatto che ci sono 291 distretti scolastici in Indiana che servono 1 milione di bambini e  diversi sono aperti dallo scorso luglio. “Anche se, secondo un conteggio ufficiale, finora ci sono stati 100 casi di contagio nelle scuole dell’Indiana, questo sarebbe un basso tasso di contagio. Inoltre, questo fatto non ci dice nulla sul fatto che i contagi si diffondano nelle scuole”.

In mancanza di informazioni complete sui rischi, le reazioni eccessive possono avere gravi conseguenze. Il docente americano ricorda l’evento nucleare di Three Mile Island, che non è stato definitivamente collegato ad alcun risultato negativo a lungo termine per la salute, ma che ha terrorizzato gli americani riguardo all’energia nucleare. La gente allora semplicemente non aveva abbastanza informazioni di base sul numero di centrali nucleari che funzionavano in sicurezza in un dato giorno per rendersi conto che la probabilità di un disastro nucleare era sempre minore. Il risultato è stato che l’energia nucleare – una fonte di energia abbondante e senza carbonio – non ha mai raggiunto il suo potenziale negli Stati Uniti, portando a un’inutile dipendenza dai pericolosi combustibili fossili.

Per la Osler si rischia di commettere errori simili con il coronavirus. Tenere i bambini fuori dalla scuola nuoce al loro sviluppo. L’interruzione delle attività commerciali distrugge i mezzi di sussistenza. Questi aspetti negativi possono essere compensati dai vantaggi di limitare il Covid-19. Ma non si possono valutare razionalmente i compromessi da fare quando ci sono solo informazioni parziali.

Quello che serve davvero conoscere è il quadro completo. Quale percentuale di scuole ha finora registrato casi? Inoltre, cosa differenzia i luoghi con contagi da quelli senza? Ci sono differenze nelle misure di prevenzione? Caratteristiche demografiche ed economiche? La prevalenza di eventi diffusi nella comunità?

Per rispondere a queste domande, c’è bisogno di una raccolta sistematica di dati e di rapporti, gli stessi dati che permettono di valutare i rischi in ogni tipo di situazione, dalla guida di un’auto, al volo su un aereo, al nuoto nell’oceano in presenza di squali. Dovrebbe essere possibile farlo.

A mano a mano che le scuole apriranno (in Italia molte private apriranno già dal primo settembre, offrendo un primo segnale) i distretti scolastici avranno i conteggi dei casi di covid-19 rilevati, da rapportare alla popolazione complessiva iscritta nelle scuole. Questi dati potrebbero essere combinati in database pubblici con cruscotti e mappe di agevole utilizzo.

La osler sostiene che purtroppo anche in Usa questo tipo di raccolta di dati non è stata condotta dalle autorità centrali, per cui stanno nascendo delle iniziative private con un team di dati per cercare di metterli insieme.

Una volta che avremo un cruscotto preciso per questi dati, i media potrebbero utilizzare queste fonti per guidare la loro copertura del fenomeno. Anche se scegliessero di non farlo, perché un titolo tipo “ieri era il 45° giorno con un tasso di infezione inferiore allo 0,01 per cento” non genera molti click, i cittadini avrebbero il potere di analizzare le informazioni rilevanti” conclude la Olser.

Di seguito la notiziona di ieri “BRIATORE con il COVID”.

In questo caso non pubblicato o estrapolano dati, ma fanno terrorismo con la manipolazione delle notizie. 

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